venerdì 18 febbraio 2011

III tappa San Severo – Convento di San Matteo in Lamis

Convento di San Matteo in Lamis


III tappa San Severo – Convento di San Matteo in Lamis
Mi sveglio verso le 4, fuori imperversa una tempesta. Speriamo smetta prima della mia partenza. Fortunatamente smette. I piedi non sembrano stare poi così male. Ho tre vesciche, una grande al piede destro, le altre due più piccole al sinistro. Se anche oggi ci sarà il sole, il tratto da percorrere sulla provinciale 10 sarà un calvario. Esco di casa alle 5:30, lascio le chiavi sul tavolo della cucina. Non dimenticherò don Raffaele, anzi mi riprometto di andarlo a trovare quest’autunno. San Severo è già sveglia, i forni sono aperti, alcuni bar anche. Non mi fermo, voglio percorrere più strada possibile prima che il sole inizi a picchiare. Il sole è coperto dalle nubi, chissà, forse oggi sarò risparmiato dai suoi raggi martellanti. Costeggio il cimitero di San Severo, attraverso l’autostrada su un cavalcavia, sotto di me vedo una fila di macchine, scendono al Sud per le ferie d’agosto. Qualcuno mi vede con zaino e bordone e mi lampeggia in segno di saluto, o forse pensa che io sia un folle che butta sassi dal cavalcavia. La giornata è fresca, io procedo spedito, i piedi non mi fanno male. Solo se mi fermo sento dolore al piede destro, ma è sopportabile. Resta assodato che questo è l’ultimo cammino che faranno le mie scarpe da trekking, al ritorno le pensionerò.
Davanti a me vedo il Gargano, alle 10:30 inizio l’ascesa verso San Matteo in Lamis. Ci sono alcune curve coperte e sono costretto a spostarmi dall’altra parte della strada, compiendo un’infrazione al Codice della Strada, meglio una multa che rischiare di essere investito. La mia cartina indica un sentiero che mi permetterebbe di bypassare San Marco, provo a percorrerlo, mi accorgo che ieri notte è piovuto davvero tanto, c’è molto fango, provo ad andare avanti, ma il tracciato non migliora. Torno indietro e procedo sull’asfalto. Alle 12 sono a San Marco in Lamis. Mi fermo in un forno, compro della pizza e da bere. Alcune vecchiette mi si avvicinano e mi chiedono dove sto andando. A San Michele, rispondo. Ieri è passato uno della Svizzera, mi dicono. Un pellegrino che mi precede, chissà forse lo incontrerò a Monte Sant’Angelo.
Il cielo è sempre più nero. Il convento è a due chilometri e mezzo dal paese. Inizia a piovere. Tiro fuori l’incerata, ma preferisco fermarmi sotto un portico. Verso l’una smette. Ma il cielo è nerissimo. Mi dico che in mezzora sarò al convento, potrei provare ad arrivarci prima che piova. Lascio il paese che sta piovigginando, commetto un altro errore, non infilo l’incerata. Lo farò quando pioverà con più insistenza. È come mettere le catene durante una bufera di neve, non ci riuscirai mai. All’uscita del paese c’è una pensilina per l’attesa degli autobus. Manca un chilometro per il convento, lo vedo ergersi enorme davanti a me. Cos’è un chilometro, sono 15 minuti di cammino. Il cielo è nerissimo, ma finora la fortuna mi ha aiutato, perché dovrebbe piovere proprio adesso. Ritiro fuori l’incerata e la metto in mano. Decido di proseguire. Percorro duecento metri e il Signore decide di aprire le cataratte del cielo. Provo a infilarmi l’incerata, ma il vento forte e l’acqua la fanno volare da tutte le parti. L’unico ricovero era la pensilina lasciata poc’anzi. La cunetta diventa un torrente, l’acqua mi penetra in tutti gli indumenti, fortunatamente lo zaino è quasi impermeabile. Percorro a ritroso di corsa i duecento metri che mi separano dalla pensilina, ma arrivo bagnato come un pulcino. Decido di cambiarmi, col vento che tira, se non mi asciugo rischio una bronchite. Mentre continua a piovere, tiro fuori un pantalone e una maglietta e l’asciugamano. Mi cambio gli abiti bagnati sotto la pensilina. Il temporale dura quasi un’ora. Non esattamente un rovescio estivo. Alle 14:00 riprendo a percorrere l’ultimo chilometro. Arrivo davanti al convento e lo trovo chiuso. Riapre alle 15:00. Non voglio disturbare il sonno pomeridiano dei frati. Aspetto l’apertura. Il piazzale antistante il convento inizia a riempirsi di pullman dei pellegrini. Mi chiedono a che ora apre il convento. Indico un cartello grande davanti alla porta che riporta la scritta: “Apertura ore 15:00”. Alle 15:00 un frate anziano apre il convento, mi vede e chiede cosa voglio. Gli dico che ho parlato con Padre Mario e con il Padre Guardiano per essere ospitato, sono il pellegrino che arriva a piedi da San Bartolomeo in Galdo. Mi chiede di attendere, il Guardiano scenderà tra poco. Intanto arrivano dei fiorai per addobbare la chiesa, ci sarà un matrimonio alle 16:00. Dopo una mezzora scende il Padre Guardiano, mi presento e gli dico che sono il pellegrino proveniente da SBiG. Ho ancora i capelli bagnati. Mi chiede se posso aspettare fin dopo il matrimonio. Rispondo di si. Mi siedo in chiesa, nell’ultimo banco con il mio zaino e il mio bordone. Iniziano ad arrivare gli invitati. Alle 16:15 arriva la sposa. Il matrimonio termina alle 17:30. Finalmente il Padre Guardiano mi accompagna in una celletta. Anche questo convento, sebbene abitato da cinque frati, ha un piano totalmente disabitato. Io dormo in quel piano. Dopo la doccia, scendo nuovamente in chiesa e infine in biblioteca. Saluto Padre Mario che si ricorda di me, l’avevo incontrato in inverno, quando accompagnai una ragazza per un colloquio di lavoro come archivista. Conosco Gabriele Tardio, un antropologo che si occupa di ricerche sul Cammino dell’Angelo. Padre Mario mi dice che la cena sarà pronta alle 21. Vado in cucina per dare una mano a fra Matteo un anziano frate laico. Mi dice che è tutto pronto e andiamo a guardare la televisione insieme. Alle 21:00 suona la campanella. Ci riuniamo in cucina, il refettorio è troppo grande per 5 frati, un pellegrino e un sacerdote diocesano. Sono interessati al mio pellegrinaggio. Hanno tutti una certa età ad eccezione di Padre Antonio, un giovane frate, che raccoglie i dati dei pellegrini di passaggio. Anche loro hanno un debole per i pellegrinaggi a piedi, ed infatti sono molto ospitali con me. La cena è frugale. Di giorno c’è una cuoca, ma la sera devono arrangiarsi. Dopo cena, recitiamo la compieta e alle 22:00 si va a letto. Padre Antonio è gentilissimo, vorrebbe prepararmi un panino e della frutta per l’indomani. Accetto solo una bottiglia d’acqua. Ci salutiamo, tornerò anche qui con la macchina.
Ho percorso 39516 passi.

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